Le opere di don Didimo Mantiero



Tra gli eventi celebrativi del 60° anniversario del Comune dei Giovani un ruolo importante lo ricoprirà la giornata di sabato 17 settembre, giorno in cui si terrà una Tavola Rotonda sull’apostolato e l’associazionismo giovanile cattolico tra diverse associazioni e movimenti provenienti da varie parti d’Italia, diretta e moderata da padre Maurizio Botta. Sarà un momento di scambio di esperienze e un’occasione per stringere nuove amicizie. 
La presentazione di padre Maurizio della mattina è aperto a tutti quelli che volessero partecipare, mentre il pomeriggio sarà su invito.



Organizzazione già in grande fermento per la 47ª Marcia Biancoverde, l'appuntamento per famiglie e appassionati che da quasi 50 anni segna l'inizio delle attività del Comune dei Giovani. Non perdetevi questa fantastica occasione di fare due passi immersi nella natura e circondati dall'entusiasmo dei nostri giovani.
La manifestazione è omologata Fiasp ed è patrocinata dal Comune di Bassano del Grappa.


Sabato 16 luglio si sono svolte le elezioni per il rinnovo del consiglio direttivo del Comune dei giovani. Si è trattato di un evento a suo modo storico perché per la prima volta le elezioni dell'associazione si sono svolte in un mese diverso da quello di settembre.
La decisione è stata presa per dare modo a tutte le attività di definire per tempo i quadri dei responsabili e per sfruttare in pieno il periodo estivo per effettuare i passaggi di consegne tra i "ministri" e pianificare le attività al meglio per ripartire a settembre a pieno regime.
Erano 24 i candidati in lizza per il ruolo di ministro. Con un'affluenza dell'81% degli aventi diritto, il nuovo Consiglio direttivo dell'associazione è risultato così composto dopo lo spoglio delle schede: Luca Alessio, Nicola Angelini, Francesco Baggio, Paolo Baggio, Mattia Brunello, Matteo Fabris, Francesco Fantinato, Davide Guglielmin, Sara Guidolin, Donato Infante, Leonardo Mariotto, Sara Maroso, Lisa Celeste Moro, Alberto Visentin, Anna Visentin, Andrea Zilio e Lucia Zilio. I ministri eletti si sono quindi riuniti il lunedì successivo, lunedì 18 luglio per eleggere al loro interno il Sindaco: è stato confermato per il secondo e ultimo mandato Andrea Zilio, che sarà ancora affiancato dal Segretario Nicola Visentin.
Dopo aver ringraziato per la conferma, Andrea ha detto che pur trattandosi del secondo anno si sente sempre inadeguato ad una chiamata così importante, forse più della prima volta, avendo chiara la responsabilità che questa chiamata comporta. "La sfida di di quest'anno - ha aggiunto - sarà trasformare l'entusiasmo in Amore, che significa capire perché e per Chi stiamo facendo le cose. In questo modo, non stancano e durano nel tempo. Andiamo fino in fondo e capiamo il perché del nostro impegno, vivendo relazioni e rapporti veri, aperti al dialogo".
Nei primi giorni di agosto, inoltre, sono stati ufficializzati gli incarichi assegnati a ciascun ministro. Ecco come sarà composta la squadra del prossimo anno:

Sindaco: Andrea Zilio
Segretario: Nicola Visentin
Attività ricreative e tornei: Alberto Visentin
Calcio: Francesco Fantinato
Campeggio: Leonardo Mariotto
CdG Lab: Davide Guglielmin
Comunicazione: Lisa Celeste Moro
Cultura: Sara Maroso
Esteri: Donato Infante
Festa: Luca Alessio
Finanze: Nicola Angelini
Giornale: Lucia Zilio
Marcia e gite: Paolo Baggio
Momenti formativi: Sara Guidolin
Musica e teatro: Mattia Brunello
Pallavolo: Matteo Fabris
Preghiera: Anna Visentin
Strutture: Francesco Baggio








La Festa delle Opere, l'evento annuale che riunisce i partecipanti alle tante attività dell'opera di don Didimo Mantiero, le loro famiglie e tutti i simpatizzanti, è finalmente tornata nella sua tradizionale cornice montana. Domenica 17 luglio, infatti, in tanti si sono dati appuntamento a Rubbio per concludere l'annata in compagnia con il pellegrinaggio alla statua della Madonna di Fatima posta sul monte Caina, la s. Messa celebrata dall'amico don Gabriele Vrech e poi il pranzo all'aperto.
C'è stato spazio anche per due momenti particolari: è stato presentato il nuovo Consiglio direttivo del Comune dei Giovani, che a partire da quest'anno ha anticipato le elezioni da settembre a luglio (ne parleremo più diffusamente nel prossimo post); successivamente, abbiamo tutti applaudito le ragazze della prima divisione della Pallavolo S. Croce, che nella stagione appena conclusa hanno raggiunto la promozione in Serie D.


Domenica 17 luglio siamo tutti invitati all'annuale Festa delle Opere don Didimo Mantiero, che dopo due anni finalmente torna a Rubbio (VI) all'aria aperta e al fresco della montagna!
L'iniziativa è aperta a tutti gli aderenti alle nostre attività, ai simpatizzanti e a tutte le loro famiglie.
La giornata inizierà con una visita alla statua della Madonna posta sul monte Caina, alla quale seguirà la messa nella chiesa parrocchiale di Rubbio alle 11:30, dopodiché avremo il pranzo e la giornata sarà a disposizione per stare insieme in compagnia. Non mancate!







"Continuate nella vostra opera consapevoli che la vostra testimonianza è importante". Il vescovo di Vicenza Beniamino Pizziol ha salutato così gli aderenti alle Opere don Didimo Mantiero che domenica 19 giugno hanno partecipato alla S. Messa celebrata per ricordare gli anniversari che nel 2021 e nell'anno in corso hanno coinvolto le tante realtà nate dalle intuizioni di don Didimo. Con lui sull'altare anche tanti sacerdoti che nel tempo hanno conosciuto e apprezzato le Opere.
Nella sua omelia mons. Pizziol ha esordito citando un'espressione molto cara a don Didimo, "voglio fare di me un Uno, che era un’espressione che va capita per come lui l’ha proposta. Non vuol dire il primo, non vuol dire l’unico, vuol dire essere unito a Cristo, trovare l’unità totale della sua persona in Cristo. E infatti lo dice: per essere un Uno bisogna guardare a quell’Uno fatto uomo, Gesù Cristo, che per noi è Via, Verità e Vita e incontrare quell’uomo genera in noi la missione, cioè l’apertura verso gli altri".
Un'unità che con l'avvento del "pensiero debole" si è frammentata, come uno specchio che se prima restituiva l'immagine della persona nella sua interezza, oggi riflette singoli pezzi. In un contesto del genere, "è faticoso per gli adulti, lo è anche per me come vescovo, ricomporre questi frammenti e portarli a unità. Don Didimo aveva capito questo; anche se ai suoi tempi c’erano delle ideologie forti, aveva capito l’importanza dell’unità della persona e per questo ha lavorato".
Il pane e il vino offerti nel sacrificio a Melchisedec raccontato nella liturgia di ieri hanno offerto lo spunto per ribadire qual è "il sacrificio perfetto: è quello compiuto da Gesù, che vuol dire la donazione totale della vita. Sangue e vino stanno per la totalità della sua vita. E allora questo è chiesto ai cristiani, e la nostra identità – essere Uno – è nella misura in cui siamo capaci in Cristo e con Cristo di donare la nostra vita per gli altri". E sulla moltiplicazione dei pani e dei pesci mons. Pizziol ha evidenziato come Gesù provochi i suoi discepoli dicendo «voi stessi date loro da mangiare». Così "don Didimo ha sentito questo richiamo di Gesù, questo comando di Gesù – voi stessi date da mangiare – e lui soprattutto nei confronti dei giovani ha trovato tre ceste nelle quali ha posto questo pane e il nutrimento per gli altri". Delle ceste che il nostro fondatore ha riempito con ciò che per lui era indispensabile:
 la preghiera, la formazione e la responsabilità.
La preghiera è ben rappresentata da La Dieci: "
don Didimo ha fondato tutto su questa esperienza di 'dieci' che vogliono dare se stessi nella preghiera, nel sacrificio, nella donazione della vita per cooperare alla salvezza portata da Cristo". Come sappiamo dai suoi diari, egli talvolta bussava al tabernacolo prima di iniziare a pregare. "Sembra un’espressione molto da fanciullo, ma cosa voleva dire? Tutto quello che faccio e tutto quello che sono è nel rapporto con Gesù eucaristia. Questo è il rapporto fondamentale che dava senso e quindi dei suoi tre pilastri (io le ho chiamate ceste piene di pani) viene prima di tutto la preghiera, che è fondamento", ha spiegato.
Importante il contributo anche in termini di formazione, che don Didimo "ha organizzato per primo in diocesi in maniera organica e progressiva" e infine la responsabilità. "Aveva intuito la Chiesa 'nel' mondo contemporaneo, non la Chiesa 'e' il mondo contemporaneo, come se fossero due realtà diverse. La nostra chiesa è 'nella' società - ha detto il vescovo - e anche l’idea di un sindaco del Comune dei Giovani, dei ministri che sono realtà civili, sono portate all’interno della Chiesa come segno di responsabilità effettiva nello sport, nella preghiera, nelle relazioni con gli altri".
In chiusura, mons. Pizziol ha sottolineato l'importanza del collegamento con la Chiesa e della consapevolezza che la realtà associativa in cui si cresce sia sempre un mezzo educativo e non il fine del proprio impegno, "che è sempre il Regno di Dio". Il Comune dei Giovani, ha concluso, è "un mezzo prezioso che lo Spirito Santo ha suggerito a don Didimo".
Al termine della celebrazione il Vescovo si è trattenuto per un aperitivo con tutti i presenti e per un pranzo con i responsabili delle Opere.




Lunedì 13 giugno, in occasione del 31° anniversario della morte di don Didimo Mantiero, si è celebrata una S. Messa nella chiesa parrocchiale di Santa Croce, preceduta da un momento di preghiera sulla tomba del nostro fondatore.
A presiedere la celebrazione è stato mons. Egidio Bisol, che ha ricordato la sua amicizia con don Didimo: "Ho trascorso con lui un certo periodo della mia vita e devo dire che, a distanza di tanti anni, ancora la sua presenza di fa sentire in me grazie agli insegnamenti che mi ha trasmesso".
D
urante la commemorazione in cimitero, il ricordo è stato lasciato alle parole di Sergio Martinelli: don Didimo «ci ha insegnato “come l’uom s’etterna”», ha insegnato a «vivere, vivere sempre, vivere bene, vivere insieme. Ci ha insegnato a vivere la Chiesa, con affetto e con libertà. Ci ha insegnato a vivere la famiglia, a essere generosi di figli. Ci ha insegnato a vivere la società civile nel servizio e nella preghiera. Ben prima di santa Teresa di Calcutta ci ha indicato che la salvezza della città si fa in ginocchio».

Leggi qui il testo integrale



Dalla riunione del Consiglio delle Opere del 7 giugno, pubblichiamo ampi stralci dell'introduzione del presidente Gabriele Alessio

* * *

Parto da uno spunto de La Voce dei Berici del 17 febbraio che vi volevo proporre lo scorso consiglio sulla Chiesa dopo il covid, “La vocazione di chi è minoranza” del direttore Lauro Paoletto. Il covid – scrive Paoletto – ha avuto la funzione del setaccio, sono rimasti «coloro che hanno capito o almeno intuito che in quella celebrazione comunitaria c’è davvero l’acqua viva […] La Chiesa italiana e quindi anche la nostra vicentina è oramai da tempo minoranza nelle sue espressioni liturgiche […] È attorno all’Eucarestia e alla Parola che, infatti, nasce e si sviluppa la Chiesa».

Questa condizione di minoranza impone comunque un profondo ripensamento del suo essere nella storia nella società: «Questa condizione di minoranza ha, o dovrebbe avere, come paradigma di riferimento l’essere sale della terra», che non vuol dire trasformare la terra in una saliera, ma sale buono nel lavoro, nella cultura e nella politica, perché sempre secondo il Vangelo il sale insipido “va gettato via e calpestato dagli uomini”.

Pensiamoci: l’essere minoranza, l’essere piccoli, deboli, sconfitti o comunque timorosi, può far diventare tristi, lamentosi, sfiduciati e rancorosi, ma può anche far tornare all’essenziale, all’affidarsi a Cristo.

In fondo – anche in realtà piccole come la nostra – i numeri, la “riuscita”, il successo, distraggono dal vero obiettivo, l’attività, il fare, l’organizzazione, la struttura, che da strumento per, spostano l’attenzione più su noi che su Cristo, l’unica “cosa” veramente necessaria. Marchesini ci ha fatto l’esempio dell’educatore dell’oratorio, il cui desiderio era che qualcuno dei suoi ragazzi facesse un domani quello che stava facendo lui! Tornare all’essenziale vuol dire che ogni persona possa incontrare Cristo, non che prenda il mio posto.

E anche noi adesso, tristi e sfiduciati o inebriati dai successi, dai risultati, dagli apprezzamenti diventiamo ciechi, non vediamo, non riconosciamo più la Sua presenza qui e ora. Ricordiamoci che «È la nostra vocazione quella di riconoscere in ogni aspetto della realtà colui che abita l’eternità. Se non facciamo così, non possiamo certo illuderci di conoscerlo veramente quale egli è» (L’amicizia di Cristo, Robert Hugh Benson, pag. 97).

Il vero pericolo è che più cresciamo, più diventiamo organizzati, strutturati, forti, vincenti e autosufficienti, più ci allontaniamo dalle nostre radici, dal carisma originario, dal progetto iniziale, come un fiume che tanto più è lungo tanto è più lontana la purezza dell’acqua di sorgente.

Certo, è impossibile non cambiare. Certo, non è neppure pensabile essere uguali a chi ci ha preceduto cinquant’anni fa, ma il compito, l’obiettivo, la ragione del nostro essere e del nostro fare, non può essere dimenticato e perso di vista, non possiamo diventare, più o meno consapevolmente, un’altra cosa rispetto alla nostra vocazione.

L’Assistente per le attività e prima ancora per il Comune dei Giovani era la presenza, il segno più eloquente e chiaro di quello che era il fine ultimo di tutti, del nostro essere e del nostro agire: l’incontro personale e comunitario, graduale e gioioso con Gesù Cristo, “via, verità e vita” per ogni uomo.

Gesù Cristo non era certo un vago riferimento ideale o sentimentale, ma nel Vangelo e nei sacramenti era senso e significato, era modello di vita, esempio di servizio e sacrificio, fonte di unità.

È il Vangelo, appunto che ci ricorda: «Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi mi ama» (Gv 14, 21-26); «Se osserverete i miei comandamenti rimarrete nel mio amore […] perché la vostra gioia sia piena»; ancora: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti e io pregherò il Padre […] che vi darà un altro Paraclito» (Gv 14, 15; 16, 23).

Padre Maurizio Botta (Lui! Il ritorno del re?, Ed. Il Messaggero, Padova) scrive a pag. 110 che «il termine greco con cui traduciamo “osservare” porta con sé questi significati: guardare, sorvegliare, custodire […] La gioia di Cristo è una realtà esistente ma senza cura, senza vigilanza, senza sorveglianza, su questi comandamenti, istruzioni, ordini, Cristo stesso avverte che non avremo mai la sua gioia».

Due altri veloci passaggi, sempre sul testo di padre Botta: «La tentazione è un dialogo fatto di proposte interiori per piegare Dio alla mia idea di Dio. […] Convertirsi non è solo credere genericamente in Dio, magari in un Dio anche buono, ma credere in Dio come si è mostrato in Cristo. Satana c’è e ci tenta sempre contro Gesù. Non ci tenta contro la nostra idea accomodante di Gesù, le nostre riduzioni light di Gesù. Ma contro il Gesù vero ci tenta. Ci tenta contro la realtà delle cose come la vede lui» (pag. 78).

«I frutti della conversione, di una vera conversione, non sono mai fuochi artificiali di breve durata. “La fedeltà nel tempo è il nome dell’amore”» (pag. 82). L’espressione è di Papa Benedetto XVI del 12 maggio 2010 e non serve aggiungere altro.

Siamo tutti bravi quando siamo in salute e gli affari vanno bene. Siamo tutti bravi con i figli che ascoltano e con la moglie con cui c’è piena armonia e si va sempre d’accordo. Siamo tutti bravi quando le cose vanno per il verso giusto, siamo apprezzati, considerati, qualche volta magari ringraziati. Ma solo quando le cose non brillano, non tornano, non piacciono, si capisce cosa significa che “La fedeltà nel tempo è il nome dell’amore”. Questa fedeltà è frutto di una conversione continua e fa fare miracoli! Dobbiamo restare fedeli al carisma che ci è stato affidato, un carisma che sposa la Verità e non un Gesù Cristo light.

Nel fare il pellegrinaggio a Sant’Antonio a Padova, mi ha colpito il fatto che sia stato dichiarato dottore della Chiesa e che lo sia come “Dottore evangelico”, per i suoi “sermoni domenicali” e per la sua inesauribile, incessante ed eccezionale predicazione. È stato un “geniale Maestro” che per anni si è occupato della formazione teologica dei suoi frati. Quindi grande predicatore del Vangelo (e convinto formatore). Ma Sant’Antonio – il Santo – è per tutti il santo dei miracoli, miracoli di guarigione, miracoli di conversione. Miracoli che sono costati fatica, perché “morì per sfinimento di eccesso di lavoro e per scarso nutrimento e riposo”.

Padre Antonio Sicari, nel testo che ho riletto (Vita di santi, n. 4), scrive «Miracolo significa questo: che dove c’è un cuore che brucia un po’ più ardentemente per il Cuore di Cristo, dove c’è una preghiera che lega più intimamente il nostro spirito al Suo Spirito, dove c’è fiducia nel Padre celeste ‘simile’ a quella che Gesù, Suo Figlio, ci ha insegnato, là il miracolo della resurrezione – che dovrà alla fine coinvolgere tutti gli uomini e l’intera creazione – può anticiparsi, lasciarsi intravedere e pregustare». È quella “nuova umanità introdotta da Gesù” di cui parlava mons. Giussani (vd. articolo di Giancarlo Cesana in Tempi, aprile 2022) e di cui l’altro giorno – visitando e conoscendo la scuola La Traccia a Calcinate (BG) fondata da Franco Nembrini – abbiamo visto un chiaro esempio. È una nuova umanità che anche noi abbiamo incontrato e che, pur con fatica, continuiamo a vivere.

Se i miracoli sono quelli descritti da padre Sicari, sappiamo come fare e dobbiamo continuare a farli anche noi, ma credo che la condizione essenziale, imprescindibile sia la fedeltà al carisma cioè all’insegnamento di don Didimo, alla Chiesa, a Gesù Cristo e ai suoi comandamenti e non certo al mondo.





Sabato 28 maggio
l’A. S. Santa Croce in entrambe le sezioni di pallavolo e calcio hanno vissuto due momenti molto importanti. Il volley ha visto la sua squadra di Prima Divisione vincere al fotofinish il campionato e conquistare la promozione in serie D. Giocatrici, allenatori e dirigenti e il tifo appassionato che ha accompagnato la squadra per tutto l'anno meritano i complimenti.
Il Calcio invece, in occasione della 25ª edizione del torneo Ricchieri, ha intitolato gli impianti sportivi di via Ca' Dolfin proprio ad Antonio Ricchieri, storico amico ed estimatore della nostra società. Era presente, per l'occasione, il presidente della Lega Nazionale Dilettanti Giancarlo Abete (qui e qui i servizi dei due TG locali dedicati all'evento).



Il Premio Internazionale Cultura Cattolica giunge quest’anno alla sua quarantesima edizione e mette al centro il tema fondamentale dell’educazione. A ricevere il riconoscimento, infatti, sarà Franco Nembrini, che all’educazione ha dedicato la vita: nato nel 1955, inizia la sua carriera come insegnante e nel 1982 dà vita al centro scolastico “La Traccia” a Calcinate (BG), che oggi conta più di mille studenti (provenienti da circa cento comuni del circondario) tra la scuola primaria e tre indirizzi di liceo.

Dal 1999 al 2006 è presidente della Federazione Opere Educative (FOE), l’associazione di scuole paritarie legata alla Compagnia delle Opere. Nello stesso periodo fa parte del Consiglio nazionale della scuola cattolica e della Consulta nazionale di pastorale scolastica della CEI e della Commissione per la parità scolastica del Ministero dell’Istruzione. Dall’ottobre 2018 è membro del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita e dal 2020 è stato scelto come socio onorario e consultore dell’UCAI (Unione Cattolica Artisti Italiani). Nel 2012 pubblica “Di padre in figlio. Conversazioni sul rischio di educare”, che raccoglie alcuni dei suoi interventi e che propone una rilettura sistematica de “Il rischio educativo”, il libro fondamentale sull’educazione di mons. Luigi Giussani.

Da una serie di incontri con alcuni suoi ragazzi per parlare di Dante e della Divina Commedia, incontri che riscuotono un successo inaspettato, inizia un lavoro di approfondimento e di divulgazione che dà vita a libri (come “Dante poeta del desiderio”), mostre, conferenze per le quali è chiamato a parlare in tutta Italia e all’estero, in particolare in Spagna, Portogallo, America Latina e nei paesi del mondo russofono (Russia, Ucraina, Kazakhistan, Siberia). Per conto di Tv2000, emittente della CEI, realizza “Nel mezzo del cammin”, un ciclo di 34 puntate sull’Alighieri e sulla Commedia che vanno in onda tra il 2015 e il 2016. Nel 2018 realizza per Mondadori tre volumi di commento all’Inferno, al Purgatorio e al Paradiso con le illustrazioni di Gabriele Dell’Otto e la prefazione di Alessandro D’Avenia. A Dante e alla Divina Commedia pensa anche quando, nel 2012, fonda una piccola casa editrice per pubblicare autonomamente libri e dvd e che chiama, appunto, Centocanti.

Una formula che ripropone anche per delle riletture a puntate di opere come “Pinocchio” di Carlo Collodi (sulla scia di “Contro maestro Ciliegia” del card. Giacomo Biffi), del “Miguel Mañara” di Oscar Milosz e, più recentemente in occasione di un ciclo di incontri in preparazione alla Quaresima curati dalla Diocesi di Roma, de “I promessi sposi” di Alessandro Manzoni.

“Poter dare il Premio a Franco Nembrini – è il commento della presidente della Scuola di Cultura Cattolica Francesca Meneghetti – è per noi anzitutto una gioia, perché conferiamo il Premio a un amico che conosciamo da tempo. Inoltre, sarà l’occasione per riflettere sull’educazione, un tema che stava a cuore e che accomunava i nostri rispettivi maestri, don Luigi Giussani e don Didimo Mantiero”.

La cerimonia di premiazione si terrà nella serata di venerdì 4 novembre 2022.