Le opere di don Didimo Mantiero



Sabato 7 settembre i responsabili delle Opere don Didimo Mantiero si sono riuniti per l'annuale Assemblea delle Opere, il momento comunitario di inizio anno che fa da "rampa di lancio" ideale per l'impegno di ciascuno nella propria attività lungo tutto l'anno. L'ospite speciale dell'edizione 2019 è stato don Vincent Nagle.
Prima di lasciargli la parola, il Presidente delle Opere Gabriele Alessio ha ripercorso i temi scanditi negli ultimi anni e "delineato quelli che sono i caratteri e gli elementi fondamentali della nostra eredità: amore per la Verità, la forza della Preghiera, lo spirito d’amicizia, la fedeltà alla Chiesa, l’incontro generazionale e la sbocco della attività Cristiana nella società e nella politica". Ha ricordato che "il perché facciamo tutto quello che facciamo è la costruzione del Regno di Dio", un obiettivo da perseguire nell'unità, che "è un dono, qualcosa che ci precede e che è data da qualcun altro, ma che ognuno deve contribuire a rendere più piena possibile". Alessio ha infine sottolineato che la collaborazione tra giovani e adulti - costitutiva della nostra realtà - non deve essere una mano sulla spalla solo per "fare aperitivo", ma "deve salvare la nostra domanda di salvezza, farci riflettere e tornare alle origini e alla gioia dell’incontro personale e comunitario con la verità di Gesù Cristo".
Nel suo intervento, don Vincent Nagle ha spiegato che "Tutto comincia con la domanda su chi è Gesù e tutto si lancia per una scoperta. Il nostro invito agli altri non è 'vedi, questo è quello che ho scoperto io', ma 'vieni con me, e scopriamo di più'”. Gesù è sorprendente, ha aggiunto, raccontando come all'inizio dei suoi studi cercasse nel Vangelo il Gesù che aveva conosciuto nell'ambiente hippy nel quale era cresciuto, senza però trovarlo: "Lo sentivo sempre descritto come buono, dolce, gentile, mite, e io ci ho creduto. Quindi quando per la prima volta ho aperto il Vangelo, leggevo pagina dopo pagina cercando quel Gesù, ma non lo trovavo. Gesù è un vulcano di verità e compassione, capace di grandi, enormi gesti di misericordia, talvolta anche con gentilezza e delicatezza, ma per lo più no: 'volete andarvene anche voi?'. Questo perché lui ha una missione: salvarti. Questo Gesù è da scoprire".
Rilanciando la necessità dell'impegno nel cammino cristiano, don Vincent ha però avvertito che "nessuno di voi ha il compito di conservare l’opera ricevuta da don Didimo; dovete solo andare in fondo a quella cosa che ha fatto nascere questa opera e vedrete che quell’opera rivivrà". "Siete qui anche perché avete trovato un posto bello e quello che volete è ripetere quegli avvenimenti, quei gesti in cui vi siete trovati bene. Così perderete tutto, perché non è ricreando le circostanze che uno ritorna a vivere quella bellezza. Questa opera nasce dal bruciare fino al sacrificio lieto e gioioso di ogni fibra dell’esistenza pur di comunicare una cosa: Egli è qui".
Don Vincent ha poi ripreso il tema dell'amore alla Verità tanto caro a don Didimo. "La questione principale non è il nostro amore per la Verità, ma è l’amore della Verità per noi. Il tuo amore non salva neanche te, è la passione della Verità per te che ti salva. Se siamo in questa opera e vogliamo capire come andare avanti quest’anno, non andrà avanti in modo gioioso, con la gioia che una volta avevo, se non andiamo avanti per la scoperta continua dell’amore della Verità per noi e per tutti; così facciamo coscienza che quello che sta capitando fra noi è per la salvezza del mondo".
Il rischio è quello di vivere la fede come chi cerca di mettere su casa, che è un luogo in cui tutto è come piace a noi, salvo poi scoprire che l'altro non si conforma in tutto ai nostri desideri. L'immagine corretta da utilizzare è invece il viaggio, durante il quale "incontri persone, e sai che tutto sta passando, hai piacere a incontrare anche i tipi più loschi che ci siano, perché fanno parte della tua strada, che è buona, è una bella storia, una bella avventura. La questione non è mettere su casa, ma avere un luogo che ci fa camminare, e ci fa bene perché ci dà speranza e ci fa tirare dentro tutti, anche quelli che possono rovinare tutto". La questione, ha concluso, è "dove stiamo andando. E se accettiamo di andare ogni giorno dietro a Lui, questa opera avrà vita lunga e gioiosa".




Lunedì 7 ottobre si aprirà il ciclo di conferenze autunnali organizzato dalla Scuola di Cultura Cattolica di Bassano, che apriranno una finestra su due grandi temi dell’attualità, come il futuro dell’Europa e la difesa della vita nelle due declinazioni della tutela della vita nascente e dell’analisi delle sfide che la bioetica presenta all’uomo di oggi.

Ad aprire la rassegna di incontri sarà il prof. Stanislaw Grygiel, che rifletterà ad ampio spettro sul futuro dell’Europa, chiamata oggi più che mai a importanti sfide sociali, culturali e politiche. “Europa: rinascita o morte?” è il titolo del primo incontro di lunedì 7 ottobre.

Venerdì 8 novembre, come già annunciato, sarà la volta del Premio Internazionale Cultura Cattolica consegnato all’ostetrica Flora Gualdani, che nel 1964 ad Arezzo ha fondato Casa Betlemme, una struttura di accoglienza delle gestanti in difficoltà grazie alla quale ha svolto un’immensa opera di educazione alla teologia del corpo tanto cara a Papa Giovanni Paolo II, sulle cui basi ha fondato un’opera di apostolato e di testimonianza che dura da decenni.

Il terzo e ultimo incontro sarà con la prof.ssa Assuntina Morresi, docente di Chimica Fisica all’università di Perugia e membro del Comitato Nazionale di Bioetica, che lunedì 2 dicembre affronterà il tema “Che fine ha fatto la questione antropologica?”. La visione dell’uomo della cultura attuale è infatti un tema fondamentale alla luce dei provvedimenti che sono al centro del dibattito pubblico in questi mesi (si pensi ad esempio alla questione del suicidio assistito che la Consulta ha posto all’attenzione del Parlamento).

«Fare cultura cattolica è guardare l’uomo nella sua verità», commenta la presidente della Scuola di Cultura Cattolica Francesca Meneghetti. «Rifletteremo su cosa caratterizzi oggi la persona umana, da una dimensione macroscopica come quella europea analizzata da Stanislaw Grygiel, fino alle radici originarie dell’esistenza, con il Premio a Flora Gualdani per la tutela della vita nascente. Assuntina Morresi chiuderà il cerchio, riportando gli attuali dibattiti in materia di bioetica alla questione essenziale, quella antropologica».


Settembre è da sempre il mese degli inizi e, per la 57° volta, gli iscritti del Comune dei Giovani, l’associazione fondata a Bassano da don Didimo Mantiero, si sono radunati per rinnovare il Consiglio Direttivo dell’Associazione. È così che, domenica 1 settembre, sono stati votati i 17 “ministri” responsabili delle attività per l’anno 2019-20. Il giorno successivo, invece, si è compiuto il secondo passo più importante di queste elezioni: la nomina del Sindaco. Dopo due anni alla guida da parte di Andrea Cerantola, ora Ministro, la scelta dei nuovi eletti è ricaduta su un’altra colonna di questa realtà, Nicola Angelini.
La bellezza di questo periodo risiede nell’unione tra la fine di un ciclo e l’inizio di un altro. Infatti, l’annata 2018-19 potrà considerarsi definitivamente conclusa con la Marcia Biancoverde di domenica 8 Settembre, evento che però rappresenta, come già accennato, il perfetto punto di partenza per il nuovo Consiglio e l’intero Comune dei Giovani.
Oltre, dunque, al neo sindaco Nicola Angelini e al Segretario Mattia Brunello, i ragazzi chiamati a comporre l’organo direttivo del Comune dei Giovani sono: Fabio Alberton, Laura Alberton , Luca Alessio, Elisabetta Baggio, Thomas Baggio, Jonathan Bizzotto, Sofia Brunello, Andrea Cerantola, Giulia Cortese, Francesco Fantinato, Davide Guglielmin, Donato Infante, Leonardo Mariotto, Lisa Celeste Moro, Andrea Zilio, Stefano Zonta.


Il Premio Internazionale Cultura Cattolica sarà conferito, nella sua 37ª edizione, a Flora Gualdani, ostetrica impegnata sul fronte della difesa della vita e fondatrice di “Casa Betlemme”.
La scelta della Giura del Premio, spiega la presidente della Scuola di Cultura Cattolica Francesca Meneghetti, è legata all’esempio di unità tra vita e fede dato da Flora Gualdani, “mettendosi al servizio delle donne in gravidanza in situazioni di difficoltà che ha incontrato e dando testimonianza che non solo è positiva la fusione di fede e vita, ma che portano grande frutto per tutti anche l’unione di cultura e scienza, di fede e ragione, di carità cristiana e apostolato”.
Dopo un viaggio in Terrasanta, Gualdani capisce che la sua vocazione è quella di dedicarsi alla difesa della vita nascente. Inizia così, con grande coraggio, dalle zone afflitte dalla guerra o da calamità naturali (Bangladesh, India, Cambogia, Bosnia), nei luoghi dove la maternità è più a rischio, e senza pregiudizi e preclusioni di credo e cultura aiuta a nascere circa cinquemila bambini.
Il suo impegno si sposta poi in Italia dando vita ad opere concrete, come “Casa Betlemme”, fondata nel 1964: una struttura rivolta all’accoglienza delle gestanti in difficoltà attraverso la quale compie un’opera di educazione e di approfondimento culturale sui temi dell’alfabetizzazione bioetica e della teologia del corpo tanto cara a Giovanni Paolo II.
In un momento storico in cui la vita non è più un dono da accettare, ma diventa con sempre più frequenza oggetto di sperimentazioni e manipolazioni tese a soddisfare desideri che l’uomo di oggi ha trasformato in nuovi “diritti”, il Premio a Flora Gualdani assume un significato speciale. Con il suo lavoro nei reparti ospedalieri e negli ambulatori a difesa della vita nascente, «ha sempre posto alla base del suo impegno la preghiera e la fedeltà al magistero della Chiesa. Ha applicato gli insegnamenti sull’amore umano di San Giovanni Paolo II e, con lo studio, ha approfondito tematiche sia mediche sia teologiche. Per lei, “fisiologia del corpo e mistica sono un’armonia”», scrive nella motivazione il prof. Lorenzo Ornaghi, presidente della Giuria.
Il riconoscimento verrà conferito durante la cerimonia che si terrà a Bassano del Grappa (VI) venerdì 8 novembre alle ore 20:30 presso il Teatro Remondini e durante la quale la premiata risponderà alle domande del giornalista del Corriere della Sera Paolo Foschini. Ha confermato la presenza alla serata anche il presidente della Cei, il card. Gualtiero Bassetti.




Domenica 21 luglio si è tenuta l'annuale Festa delle Opere di don Didimo Mantiero.
Un altro anno alle spalle.

Un altro anno in cui la collaborazione tra giovani e adulti, come dimostra il simbolo stesso del Comune dei giovani, diventa fondamentale. 
Un altro anno in cui dobbiamo dire grazie a tutte le persone che si spendono per questa realtà, per renderla viva e forte. Un altro anno in cui ringraziare Don Didimo Mantiero, per averci indirizzato verso un bellissimo viaggio di comunità, in cui il ritrovarsi tutti insieme fa capire che a tenerci uniti è Qualcuno di più grande, che ci permette di vivere con gioia questa possibilità che ci è stata data.


Carissimi amici,
domenica 21 luglio vi aspettiamo a Rubbio per la nostra annuale Festa delle Opere di don Didimo Mantiero, l'appuntamento che ci riunisce tutti in una giornata in compagnia e convivialità. È il nostro modo per ringraziare tutti per l'impegno durante l'anno e per salutarci prima della ripresa delle attività a settembre.
L'evento è aperto a tutti: responsabili, amici, simpatizzanti, giovani, adulti e bambini. Speriamo di ritrovarvi in tanti con tutte le vostre famiglie.
Il programma è indicato nel volantino, ma vogliamo segnalare i momenti più significativi della giornata: inizieremo con il consueto pellegrinaggio alla Madonna del Caina alle ore 10:00, seguito dalla S. Messa alle 11:30 nella chiesa di Rubbio, dopodiché ci siederemo a pranzo tutti insieme.
Vi aspettiamo numerosi!


Giusy Baggio è il nuovo presidente della sezione Pallavolo dell'a.s.d. Santa Croce. È il suo il nome votato e chiamato a dare il cambio a Simone Fietta, che l'ha preceduta nella carica dal 2013 al 2019, passandole il testimone a una settimana di distanza dai festeggiamenti per i 40 anni della società. Giusy Baggio, con un passato da giocatrice prima e da dirigente poi, guiderà la realtà per il prossimo triennio con la possibilità di essere riconfermata per un secondo mandato.
A supportarla nel lavoro di organizzazione e gestione dell'attività sarà la rinnovata Giunta, che sarà composta, oltre che dal presidente uscente Simone Fietta e dal "ministro" della Pallavolo del Comune dei Giovani Andrea Zilio, da Ester Agnolin, Debora Fietta, Paolo Mariotto e Riccardo Maso.



Si è conclusa nel pomeriggio di sabato 25 maggio la 23ª edizione del Torneo “Memorial Antonio Ricchieri”, organizzato dalla sezione Calcio dell’A.S.D. Santa Croce, a conclusione di una settimana di incontri tra le 16 squadre delle categorie Pulcini misti ed Esordienti a 9 convocate presso gli impianti sportivi di via Ca’ Dolfin.

Il Torneo Ricchieri è un’iniziativa che per la società guidata da Fabio Mariotto è ormai un punto fermo, che quest’anno è riuscito a coinvolgere più di 200 ragazzi. Tutto si è svolto secondo le previsioni, senza intoppi organizzativi, nonostante il tempo non sia stato sempre clemente.

Sabato, dunque, sono stati assegnati i premi alle prime classificate di entrambe le categorie. Tra gli Esordienti a 9 è stata proprio la squadra di casa, il Santa Croce, ad aggiudicarsi il primo posto, vincendo per 2-1 contro i coetanei dell’US Ardisci e Spera. I Pulcini misti, invece, hanno visto trionfare i giocatori della New Generation Mussolente, che si sono imposti per 3-0 sul San Vito, che ha però portato a casa il Premio Fedeltà come società con le maggiori partecipazioni al Memorial Ricchieri.

Il bilancio tracciato dal presidente Fabio Mariotto è più che positivo, sia quanto a partecipazione che dal punto di vista organizzativo. Tutte le partite si sono svolte, infatti, nel pieno rispetto delle regole e degli avversari. “Il valore educativo dello sport è un aspetto a cui la nostra Società tiene in modo particolare – è il commento di Mariotto – ed è per questo che vogliamo che passi il messaggio, ad atleti e genitori, che la priorità da avere, soprattutto nelle squadre giovanili, è che i ragazzi imparino a divertirsi stando in compagnia e che una partita si può anche perdere, perché si tratta pur sempre di un gioco. L’importante è metterci il massimo dell’impegno”.



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Guardare il Sessantotto da un altro punto di vista. Era l’obiettivo di Giancarlo Cesana, professore onorario di Igiene all’Università di Milano Bicocca, invitato a Bassano del Grappa dalla Scuola di Cultura Cattolica per l’ultimo incontro del ciclo primaverile di conferenze. Un punto di vista, il suo, sicuramente particolare, essendo stato in quegli anni tra i principali collaboratori di don Luigi Giussani, il fondatore di Gioventù Studentesca prima e Comunione e Liberazione poi. Un’esperienza per lui decisiva alla quale arriva in maniera inaspettata. Cresciuto in un ambiente “cattolico spinto” in Brianza, considerata allora la Vandea d’Italia, “a 14 anni ero avviato verso un cristianesimo secondo me”. È un momento di grande confusione nella Chiesa: “facevamo grandi marce per la pace, ma si perdevano i grandi riferimenti tradizionali che sostenevano la vita”.

La svolta giunge negli anni dell’università, che “viene occupata e dopo 6 anni, quando mi sono laureato, era ancora occupata”. In quegli ambienti, ha commentato, “ho visto cos’è il comunismo, perché la ribellione che era partita contro l’autorità, si è poi riversata nel marxismo. Innanzitutto, non potevi mettere fuori neanche un manifesto, poi ti menavano, non potevi fare le assemblee”.

La svolta, tuttavia, non arriva dalla politica, ma da una questione sentimentale: “mi innamorai di una che non ci stava, e questo mi obbligò a pormi una domanda: o sono sbagliato io o la soluzione che cerco non è quella che pensavo”. È così che il giovane Cesana fonda un gruppo parrocchiale che inizialmente avversa proprio quella Gioventù Studentesca che aveva come indicazione educativa “la caritativa”: “andare in mezzo ai poveri per educarsi a capire come Dio aveva condiviso i nostri bisogni, per cercare di capire la Verità”.

Durante un campeggio estivo, però, gli capita di ascoltare la registrazione di un sacerdote che chiedeva quali fossero le prime parole di Gesù all’inizio della sua predicazione: “venite e vedete”. Quel sacerdote era don Luigi Giussani. Il quale invitava a partire dall’esperienza e proponeva l’annuncio cristiano in maniera del tutto inedita. Diceva infatti Giussani: “voi, se cercate la verità, non potete pensare che essa sia quello che ritenete voi, perché se la verità siete voi non può esserci una verità più grande. Per conoscerla, la verità, va provata: iniziate dalla vostra tradizione, da ciò che vi dicono della verità le persone che sono vicine a voi, provate, e poi vedete se vi corrisponde”. “Questo approccio cambiò il mio Sessantotto e iniziai a guardare con uno sguardo diverso la tradizione, che il movimento rivoluzionario voleva letteralmente abbattere, e poi come valutazione delle cose, di ciò che era giusto o sbagliato. Per me in un attimo era cambiato il mondo”.

Tuttavia, ha proseguito, “la mentalità generale rimaneva tutta di sinistra” e questa avrebbe favorito l’instaurarsi di un’impostazione culturale relativista della quale non ci siamo più liberati (“ha ragione Berlusconi quando dice che il grillismo di oggi è un ’68 andato oltre la data di scadenza”). Di questo clima capisce tutto il grande filosofo Augusto Del Noce, il quale già nel 1968 scrive che l’insurrezione giovanile nasceva come reazione alla società del benessere fine a se stessa, cioè di una società che vedeva nel benessere l’unico sbocco della vita. Una situazione che coinvolgeva anche tante famiglie cattoliche, “che andavano in chiesa la domenica, ma che raccomandavano ai figli non l’ideale cristiano, ma di prendere il posto in banca”. Così i giovani insoddisfatti si erano affidati all’ideologia marxista, che essendo materialista non era sufficiente a dare una risposta a chi cercava la verità. Come prevede Del Noce, “il movimento di ribellione sarebbe stato riassorbito in una società narcisistica, l’unica capace di coniugare le istanze rivoluzionarie con la ricerca del proprio benessere personale”.

Per contrastare questa situazione, l’indicazione di don Giussani è di “non essere reattivi e di ripartire dall’originalità”. Impostare la propria attività come reazione a una provocazione altrui significa che il criterio della propria azione, del proprio pensiero e della propria risposta non è dentro di sé, ma negli altri. Così “iniziammo a preoccuparci meno di quello che pensavano gli altri, e di più a quello che vivevamo noi”.

La ricetta di Giussani è valida ancora oggi: “bisogna partire dall’originalità, da ciò che ci costituisce originariamente, e prima di tutto c’è Cristo”. Bisogna rientusiasmarsi dell’inizio, del fatto che la morte non ha vinto su tutto, “che l’ultimo punto di vista sulla vita non è la morte, quindi si può dare la vita per gli altri con gratuità”. Bisogna ripartire daccapo, ha concluso Cesana, da un cristianesimo degli inizi, da una testimonianza di una vita diversa, di un’umanità altra, da un incontro con una presenza che scuote la vita.


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