Le opere di don Didimo Mantiero

Ripartiamo in questo nuovo anno pieni di buoni propositi e con la determinata volontà di darci un ordine. Alcuni spunti a partire dalle ultime riflessioni fatte dal Consiglio delle Opere.

Andiamo a ritrovare prima di tutto quali sono i compiti del Consiglio delle Opere. La risposta ce l’ha data all’assemblea del 2019 don Vincent Nagle: “Nessuno di voi ha il compito di conservare l’opera ricevuta da don Didimo; dovete solo andare in fondo a quella cosa che ha fatto nascere questa opera e vedrete che quell’opera rivivrà…. scoprire l’avvenimento che l’ha fatta nascere” e don Paolo Baldo: “ognuno ha la responsabilità del tutto”.

L’avvenimento è qualcosa che accade, un fatto, una situazione concreta, per noi questo è stato l’incontro e l’amicizia tra un prete innamorato di Cristo e della Chiesa, convinto che l’uomo ha bisogno della Verità come il pesce ha bisogno dell’acqua (anche se non ne è consapevole) e dei giovani che hanno dato seguito al loro desiderio di vero, di bello, di giusto, di relazioni piene e autentiche e che hanno scommesso tanto o tutto della loro vita in un progetto originale di cui erano i veri protagonisti. Da questo incontro/amicizia sono quindi nati un luogo (l’oratorio, un ambiente, il “villaggio” di cui ha parlato Papa Francesco necessario per “educare i figli”) e una compagnia in cui sono cresciuti fede e umanità e di cui tutti si sentono – ancor oggi – responsabili.

Ripercorrendo inoltre quello che ci siamo detti negli ultimi anni, si delineano quattro possibili priorità.

Pensiamo, ad esempio, all’iniziativa del “taglia e rafforza” pensata per razionalizzare le nostre tante attività e capire su quali fosse più giusto concentrarsi: “tagliare” non serve se non per rafforzare le radici del nostro albero (carisma), lavoriamo di più e con più convinzione sui nostri fondamenti della preghiera e della formazione. Senza nulla togliere a tutte le nostre altre attività, su questi due aspetti, settori, obiettivi vorrei che lavorassimo di più e meglio in quest’anno. In particolare, mi viene da suggerire – riconoscendo che sono temi difficili e controcorrente – che dovremmo dedicare un’attenzione particolare ai temi del fidanzamento e della famiglia, passando per il valore del matrimonio.

Sulla preghiera dobbiamo impegnarci di più, avere più coraggio e convinzione nel proporre La Dieci e i vari nostri momenti forti come le messe e i ritiri. È necessario, quindi, che curiamo di più l’aspetto della spiritualità.

Anche sulla formazione dobbiamo fare di più. Curare la nostra formazione personale è un dovere, un obbligo di ciascuno e in particolare di quanti hanno responsabilità educative. Quanto al metodo, ricordo quello che ci siamo detti quando lo abbiamo paragonato al tipo di “irrigazione”: cerchiamo sempre di adottare il sistema di “irrigazione a goccia”, rispetto a quello “a pioggia”. Ai discorsi alle assemblee, ai gruppi e alle squadre privilegiamo il dialogo personale, i colloqui mirati e con una certa costanza e sistematicità con i singoli. Nel libro per il 50° anniversario del Calcio, Luigi Bortolaso (uno dei primissimi collaboratori di don Didimo a Valdagno) scriveva: “Don Didimo non credeva nell’educazione di massa, ma nell’educazione personale, individuale, fatta di conoscenza e sacrificio. Sine sanguini effusione non est remissio, diceva spesso, anche per l’educazione dei giovani”.

Aggiungo altre due sottolineature: la necessità di pensare e avviare concretamente un nostro progetto di carità (un pozzo, una casa, una chiesa, un seminario); è urgente darci questo obiettivo concreto e appunto visibile, per farci ripensare alle cose importanti e per lavorare insieme tutti.

Inoltre, dobbiamo curare meglio e di più il rapporto giovani-adulti. Dobbiamo convincerci e convincere che non è un nostro capriccio, ma un elemento costitutivo, originario e “profetico” della nostra esperienza associativa, della nostra originalità educativa. Non lo ha voluto solo don Didimo (pensate anche solo allo stemma del CdG), ora lo chiede la Chiesa con il Sinodo sui giovani e ce lo ha chiesto il nostro Vescovo Beniamino sulla sua lettera pastorale “Che altro mi manca?” (pag. 4).

2012: doppio anniversario

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