Riportiamo la prefazione di don Giancarlo Grandis alla mostra “Voglio fare di me un Uno. L’esperienza educativa di don Didimo Mantiero”. Un’analisi storico-culturale dei principi alla base della creazione delle sue opere: La Dieci, il Comune dei Giovani e la Scuola di Cultura Cattolica. La figura del sacerdote Didimo Mantiero emerge da un contesto storico ben preciso che solo ne può illuminare la figura e il carisma ecclesiale. Si tratta del periodo che va dalla fine della Seconda Guerra Mondiale agli anni del Concilio Vaticano II. Si tratta di un periodo che ha segnato due rinascite, quella civile e quella religiosa. La guerra, distruggendo la città dell’uomo ne distrugge anche l’animo e la voglia di ripartire. Don Didimo come cittadino e come credente si è impegnato per ambedue le rinascite, perché quella civile e quella religiosa sono dimensioni dello stesso uomo. L’uomo infatti è “uno”. In un clima culturale in cui Guglielmo Giannini fondava un settimanale dal titolo sinistro, L’Uomo qualunque, – indicandone così la finalità: «Questo è il giornale dell’uomo qualunque, stufo di tutti, il cui solo, ardente desiderio, è che nessuno gli rompa le scatole» – don Didimo guarda in un’altra direzione, quella indicata da Gesù che ci ha rivelato il mistero insondabile dell’Unità e Trinità di Dio. Buttato nel grande vortice della vita, si propose di non essere mai un “uno qualunque”. «Volevo fare di me un “UNO”, – scrive nel suo Diario –. Avevo imparato dallo studio e dalla riflessione che non c’è che UNO, Dio, e che l’uomo tanto può diventare “UNO”, quanto più e meglio sa penetrare Dio. Guardai allora il vero “UNO”, divenuto Uomo». L’impresa per l’unità cozza con l’esperienza della divisione, che segna la nostra umanità fin dalla nascita. E' necessario sradicare nel cuore dell’uomo il germe della divisione, che lo mette in guerra con se stesso e con gli altri. Da sempre questa è la missione riconciliatrice della Chiesa che prolunga nel tempo la missione di Gesù di riconciliare l’uomo con Dio. Così san Paolo si rivolgeva ai cristiani di Corinto: «Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio» (2 Cor. 5,20). L’uomo, lontano da Dio, perde la coscienza della propria identità di figlio, errando per le strade del mondo senza una meta. Non sapendo chi è, non sa nemmeno verso dove andare. La figura di Cristo Redentore dell’uomo, che insegna le strade della riconciliazione e della rinascita, sta alla radice del carisma ecclesiale di don Didimo. Don Didimo si mise al seguito di Cristo Redentore e cercò una via adeguata ai tempi per trasmettere alle nuove generazioni la speranza della riconciliazione e della rinascita. Questa via, la scoperse in “una brutta notte di novembre”, soffermandosi a meditare su un passo dell’Antico Testamento, dove Abramo si trova alle prese con Dio, discutendo con lui sul tema centrale della salvezza dell’uomo. Ciò che può salvare dalla distruzione e dalla divisione è la giustizia. In un sol colpo, Don Didimo comprese che non c’è salvezza senza santità. Comprese che l’uomo da solo non può diventare giusto, che la giustizia è un dono di Dio, che questo dono è stato elargito agli uomini tramite la consegna che Dio Padre ha fatto del suo Figlio, il quale ha trasformato il tradimento degli uomini in un supremo atto di amore per loro, riconciliandoli con Dio. Ha compreso, don Didimo, che bisognava continuare questa opera di riconciliazione, rispondendo alla chiamata del Redentore a parteciparvi vivamente. E' qui che nasce l’intuizione di costituire La Dieci, che rappresenta il cuore, l’anima dell’azione pastorale di don Didimo. Questo numero, dieci, richiama i dieci giusti la cui presenza avrebbe impedito la distruzione della città. I Dieci sono una nuova forma di partecipazione alla missione di Cristo Redentore che permette l’efficacia della missione della Chiesa anche in ambito sociale e civile.La Chiesa non può interessarsi soltanto dello spirito. Deve interessarsi di tutto l’uomo, corpo e spirito. Don Didimo, a partire dal centro luminoso del mistero della redenzione dell’uomo, cioè dalla sua rinascita interiore, si volse poi alla sua ricostruzione culturale e sociale. È da qui che sono nate le altre due fondamentali iniziative, la Scuola di Cultura Cattolica e il Comune dei Giovani. La cultura – affermava Giovanni Paolo II – è ciò per cui l’uomo "diventa più uomo". Trasmettere cultura significa trasmettere la consapevolezza della propria dignità e della propria libertà. L’attenzione ai giovani, per don Didimo, comportava l’attenzione ad educarli a vivere non uno contro l’altro, ma uno con l’altro, uno per l’altro, uno nell’altro. Il Comune dei Giovani è una scuola che forma al buon vivere sociale, imparandone le regole e la corresponsabilità nella costruzione del bene comune attraverso la valorizzazione e la promozione delle capacità di ciascuno. La mostra intende introdurre, cioè condurre dentro, a questo carisma di un sacerdote vissuto in un tempo particolare di rinascita, nella quotidianità e nella semplicità della vita di una parrocchia veneta di periferia, il quale ha lasciato una traccia di sé nelle persone che hanno condiviso la sua missione di sacerdote e la cui memoria esse intendono tener viva e tramandare nel tempo.Un carisma infatti è un dono che lo Spirito elargisce ad alcuni, ma per il bene di tutti.